mercoledì 28 settembre 2011

Dal diario della grande crisi:



Di Antonino Costa

Ma il 1929 è forse tornato?

Voglio cominciare questo articolo ponendomi una domanda apparentemente provocatoria, per introdurre i lettori ad argomenti che in effetti sono piuttosto ostici. Ciò nonostante visto il marasma che è in corso e le ricadute immediate sulla nostra vita quotidiana non è possibile più eluderne la comprensione.

Per capire l’attuale crisi sarebbe necessario comprendere tutta una serie di meccanismi e funzioni della attività finanziaria nonché l’ideologia politica e teoria economica sottostante, che questo articolo sicuramente non potrà fare. Mi prefiggo di spiegarli man mano che procederò nel racconto di questa crisi.

Sia chiaro, io non sono un professore dell’università tal dei tali specializzato in economia , mi reputo piuttosto un ricercatore appassionato e indipendente, e soprattutto estremamente curioso. Questo mi ha consentito in quattro anni di continue ricerche nel campo economico di avere una visione abbastanza nitida di quello che ci aspetta. D’altronde se dovessimo aspettarci delle risposte dai così detti esperti , che pare non hanno previsto nulla ,anzi hanno sempre negato che ci troviamo in una situazione difficile ,(tranne certificarla a d avvenimenti resosi evidenti) , dovremmo aspettare ancora parecchio.

Non credo che sia necessario diventare esperti di meccanismi economico-finanziario per potere capire la nostra situazione e ciò che il futuro ci prepara, ma se vogliamo continuare a vivere in una democrazia , è necessario che i cittadini acquisiscano consapevolezza del modello politico-economico che è alla base della nostra convivenza comune ,e comincino a guardare fuori dalla propria finestra ,perché lo scenario o meglio il contesto in cui ci dobbiamo muovere è diventato improvvisamente il mondo intero. Chi crede ancora di doversi interessare soltanto delle cose che conosce ,perché ritenute vicine , dovrà ricredersi. Chi crede che il mondo economico e finanziario abbia scarsa o poca influenza sulla propria vita quotidiana, sbaglia! Esso è divenuto talmente pervasivo ed invasivo da condizionare ormai tutte le nostre scelte, e soprattutto ciò che ci attende nel futuro .

Ma cosa successe dunque in quella fatidica data del 1929?

Per conoscere veramente la storia dell’uomo e riuscire a legare tutti gli avvenimenti passati e recenti, è necessario conoscere la storia finanziaria-economica che si cela dietro a qualsiasi azione umana. Al di là dei grandi ideali che pure esistono ,ciò che spinge l’uomo all’azione è sempre e soltanto l’interesse , e allo stesso tempo è sempre l’interesse economico la causa dei propri disastri sociali. Tutte le guerre che si sono combattute in Europa nei secoli scorsi sono state mosse più dai grandi e piccoli interessi collettivi e personali che non dai grandi ideali , che anzi sovente vengono ritenuti velleitari e un po’ romantici, da chi tira le fila sostanziali della matassa.

Il 1929 fù un avvenimento che ancora oggi si ricorda come “annus orribilis” dell'economia. Infatti analogamente al nostro tempo in un contesto simile ,il sistema Anglo-Americano vero perno dell'economia capitalista mondiale andò in crisi. Anche in quel caso non si trattò di una semplice congiuntura negativa con relativa ripresa, ma a causa di tutta una serie di regole finanziarie dementi semplicemente il sistema esplose. Ci vollero comunque altri tre anni prima che fosse certificata definitivamente la crisi del sistema capitalistico di quel tempo . Mi è rimasta impressa la scena di quando il governo Americano nel 1932 , a causa dell'ortodossia monetaria ,(impossibilità di stampare moneta se non coperta da controvalore in oro)e dopo il fallimento reale di numerosi istituti di credito, incapaci di ridare il denaro ai loro correntisti, fece aprire tutte le cassette di sicurezza e confiscò l'oro dei cittadini. Ci volle una truculenta seconda guerra mondiale per risollevare le sorti della economia occidentale.

Nota:

Il bilancio della seconda guerra mondiale fu terrificante: 55 milioni di morti, di cui 40 nella sola Europa. Il bilancio è ancora più tragico se consideriamo che più della metà delle vittime era costituita da civili. Questa allarmante proporzione, mai verificatasi in precedenza, è connessa in parte all’adozione di nuova tecniche distruttive, soprattutto i bombardamenti aerei che colpivano indiscriminatamente obbiettivi militari e civili e in parte al carattere di guerra partigiana e di rivolta politica contro una diffusa barbaria assunta dal conflitto a ogni latitudine. Le perdite umane furono certamente il più grave danno provocato dalla seconda guerra mondiale, ma non l’unico.

Bene ,passati soltanto sessanta anni circa dagli accordi di Bretton Woods , con cui si sancivano alcune regole importanti per il controllo dell’ attività finanziaria ed economica ed ecco che la crisi si ripresenta analoga a quei fatidici anni trenta.

Gli accordi di Bretton Woods diedero la speranza di superare la sconfitta completa degli anni '30, periodo in cui il controllo del mercato dei cambi aveva minato il sistema di pagamenti internazionali su cui era basato il commercio mondiale.

In quel periodo, infatti, i governi avevano usato politiche di svalutazione per far crescere le esportazioni giocando sulla competitività del cambio, con lo scopo di ridurre il deficit della bilancia dei pagameni, causando, però, come effetti collaterali la caduta a picco delle entrate nazionali, la riduzione della domanda, un aumento esponenziale della disoccupazione ed un declino complessivo del commercio mondiale.

Gli scambi si ridussero a ristretti blocchi di monete (di gruppi di nazioni che usano la stessa valuta, come ad esempio il blocco della sterlina inglese nell'impero britannico). Questi blocchi ritardarono la circolazione di capitali e le opportunità di investimenti stranieri. Tuttavia, questa strategia, tesa ad aumentare i redditi dei singoli paesi nel breve periodo, provocò disastri nel medio e lungo periodo.

I concetti basilari da ricordare per capire la "grande depressione" sono due: 1. salari in ritardo rispetto alla crescita economica (la domanda non riusciva a tenere il passo dell'offerta); 2. sovrapproduzione e speculazione. Ora esula da questo articolo spiegare tutto ciò che avvenne in quel periodo, ma è interessante notare come ‘iper capitalismo , divenuto neoliberismo che prometteva di superare tutti i problemi economici e sociali, sia ricaduto ora come allora negli stessi problemi che causarono la crisi del 29 . Le cause sono essenzialmente gli enormi squilibri sociali, che il capitalismo non controllato riesce alla lunga a causare.

E’ da notare che anche adesso si sono verificate analogie con quanto accadde allora, i redditi da lavoro sono precipitati a favore delle rendite finanziarie, sfociata in vera e propria speculazione fine a se stessa. Dal denaro si ricava altro denaro senza che vi sia un processo di produzione di beni e servizi. Così come allora assistiamo a una costante caduta dei consumi, e non per mancanza di consumatori , ma perché questi non hanno redditi per coprire la produzione. E soprattutto si è verificato negli ultimi venti anni un processo redistributivo inverso : dal basso verso l’alto, cioè dalle classi medie e basse, verso le classi più agiate, che hanno visto crescere enormente il loro reddito. Ora è chiaro che esse non sono in grado di sostituirsi nel consumo ai larghi strati di popolazione a cui hanno sottratto reddito . Si tenga conto per esempio in Italia uno dei paesi dove la disparità sociale è cresciuta maggiormente in occidente, che il 10% dalla popolazione detiene il 50% della ricchezza nazionale , il 60% ne ha a disposizione il 40% e al restante 30% và il 10%.

A tale proposito riporto quanto segue:

Allarme disuguaglianza nei Paesi ricchi. A lanciarlo è l'Ocse, che questa settimana ha pubblicato un rapporto bomba su come la sperequazione dei redditi sta lacerando le democrazie occidentali. Il coefficiente Gini, che calcola le diseguaglianze, ci dice che dove queste sono maggiori è proprio nelle nazioni appartenenti al G8. In testa alla classifica troviamo gli Stati Uniti seguiti a ruota dall'Italia, il Regno Unito, la Spagna ed il Canada, a metà strada ci sono la Francia e la Germania, mentre i paesi 'virtuosi' sono Svezia e Danimarca. Dove poi negli ultimi trent'anni il solco tra il reddito del 10% dei più ricchi e quello del 10% dei più poveri è diventato un crepaccio profondissimo sono ancora Stati Uniti e Regno Unito.

Secondo Joseph Stiglitz oggi l'1% della popolazione americana detiene il 40% della ricchezza dell'intera nazione. Venticinque anni prima questa proporzione era rispettivamente 12 e 33%. In Italia sempre, nel 2011, il 10% delle famiglie più ricche detiene il 45% della ricchezza complessiva mentre un 50% delle famiglie ha accesso a solo il 10% del patrimonio della nazione.

Quale la causa? La sperequazione dei redditi prodotta dalla globalizzazione. Mentre negli ultimi dieci anni l'1% della popolazione ha visto i propri redditi gravitare del 18%, la classe media ha dovuto fare i conti con una contrazione dei salari. Il binomio democrazia-globalizzazione, dunque, non solo fa arricchire i ricchi ma causa l'impoverimento della classe media. Questo, ahimè, un fenomeno globale. Secondo i dati del Poverty Site, una think thank che studia la povertà nel mondo, negli ultimi dieci anni i quattro quinti dell'aumento della ricchezza sono finiti nelle tasche di chi aveva già redditi superiori alla media e i due quinti al 10% dei più ricchi. Il rimanente 90% della popolazione si è dovuto dividere le briciole. A livello globale, dunque, il 10% della popolazione, controlla il 32% della ricchezza mondiale mentre dieci anni fa ne possedeva il 26,5%. Come risolvere queste ingiustizie? L'Ocse suggerisce un rimedio vecchio come il mondo: la tassazione. Ed aggiunge che dove questa ha funzionato, e cioè nei Paesi scandinavi, c'e meno disuguaglianza che in quelli, come la Svizzera e gli Stati Uniti, dove il sistema di tassazione favorisce i ricchi. ( Fonte: www.caffe.ch)

La crisi che è in corso pur avendo nei meccanismi di fondo grandi analogie con quella del 29’ , promette di essere di una portata maggiore di allora. I numeri sono diversi: allora il mondo aveva una popolazione inferiore ai due miliardi di abitanti, mentre oggi sfiora i sette , esisteva una globalizzazione diversa da quella di oggi , e la popolazione era meno informata nel complesso delle cause che portarono loro la crisi economica. Se aggiungiamo che il sistema occidentale negli ultimi dieci anni in particolare, per consentire alle classi medie un livello paragonabile di consumo con gli anni in cui disponevano di maggiore reddito, ha provveduto ad indebitare il cittadino medio con meccanismi di credito che hanno dell’incredibile (particolarmente in America), ecco che la frittata è fatta! Siamo anche in presenza di uno squilibrio mondiale fra produttori e consumatori, assistiamo a nazioni che producono molto avvalendosi di un bassissimo costo del lavoro , come per esempio la Cina (produce molto ma consuma poco) e di nazioni che di fatto hanno svuotato le loro economie delocalizzandole come ormai è nei fatti la prima ex più grande economia del mondo gli USA , trasformatasi in consumatori a debito per i paesi produttori. In Europa assistiamo agli stessi problemi verificatosi in occidente e nel mondo: abbiamo una UE ripiegata su una ortodossia ideologica neoliberalista , una moneta unica ritagliata sui canoni Tedeschi , che di fatto favorisce lei e pochi altri, mentre la periferia Europea tra cui l’Italia è destinata a vedere franare la propria economia, senza che questo si traduca in vantaggio per le economie Europee come quella Tedesca. Se franano i debitori , le conseguenze si riverseranno sui creditori. Oggi esplodono i debiti pubblici nazionali (gli USA hanno un PIL di 14 trllioni e un debito di 14,7 trilioni di dollari) di fatto non più pagabile , come quello di tante altre democrazie occidentali .

Così come nel ventinove anche oggi sono gli squilibri socio economici ad innescare una crisi profonda, che porterà grandi cambiamenti di cui ancora oggi la grande maggioranza della popolazione non è consapevole. Non ultimo il cambiamento in prospettiva del modello socio economico attuale, non solo come si evidenzia il capitalismo non è più in grado di garantire la sopravvivenza della larghissima maggioranza della popolazione mondiale, ma è entrato in rotta di collisione con la sua stessa ideologia dogmatica : per continuare a crescere all’infinito si dovrebbero aumentare a dismisura i consumi, mentre già oggi agli attuali consumi ci vorrebbe un pianeta più grande del 30% rispetto quello attuale.

Bene penso che possa essere sufficiente quanto sopra esposto , nella prossima puntata entreremo più a fondo nei meccanismi finanziari e soprattutto politici che hanno consentito e determinato l’attuale crisi, e soprattutto parleremo dell’incapacità dell’attuale classe politica di prospettarci una strategia di uscita dalla stessa . Assistiamo invece analogamente ai primi anni venti all’adozione di misure di austerity che intensificheranno e approfondiranno il solco della crisi economica , producendo più squilibrio nel sistema ormai mondo in cui nel bene o nel male ci troviamo a vivere.

16 Settembre 2011.

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